Sono anni difficili per il rapporto fra scienza e televisione, fra lo scienziato e il grande pubblico.
E in un periodo in cui tutti possono, vogliono, credono di potersi informare autonomamente anche su temi scientifici, viene da chiedersi qual è il ruolo degli scienziati in televisione.
Nelle ultime settimane abbiamo avuto un ottimo esempio di come non bisogna trattare un argomento scientifico in TV, parlo dell’ormai celebre caso Red Ronnie-vaccini nato nella trasmissione Virus su Rai2.
Ricapitolando brevissimamente: a parlare dei vaccini in trasmissione c’erano Red Ronnie, l’attrice Eleonora Brigliadori e il virologo Roberto Burioni, e a quest’ultimo è stato concesso un tempo brevissimo.
Anche senza conoscere il caso nello specifico, è facile intuire che se su un tema universale e complicato come quello dei vaccini si chiamano a confronto un talent scout musicale, un’attrice e un virologo, il disastro è dietro l’angolo. E allora si scatena il putiferio a colpi di articoli e post sui social, la fazione pro-scienza si accanisce contro i complottisti, e vice versa. Risultato? La divisione già grande che c’era fra le parti aumenta ancora e tutto finisce per diventare opinione.
Messi in questo contesto, gli scienziati in tv servono a poco o niente, perché si ritrovano a parlare un linguaggio totalmente diverso, e non è una semplice questione di spazio dedicato.
Bisogna accettare il fatto che quando si parla di scienza il contraddittorio non sempre è necessario, anzi a volte è bene che non ci sia. Può sembrare antidemocratico, viste le infinite possibilità di informarci che ci offre internet (A volte, come diceva saggiamente mia nonna, “Il troppo è come il poco”), ma in fondo sappiamo che non è così.
Molti programmi TV ci hanno abituati a pensare che la voce popolare sia sempre valida, ma se non è assoluta nemmeno la scienza, che pure si basa su dati di fatto, figuriamoci se chi fa informazione può permettersi di alimentare la confusione.
Il confine fra la giusta libertà di espressione e il complottismo è molto sottile.
Anche il mondo scientifico sicuramente ha le sue responsabilità nella situazione che si è creata, l’atteggiamento spesso reazionario (almeno sui social) di certi comunicatori, seppur mosso da motivi assolutamente nobili e diversi dallo share, aumenta le spaccature.
C’è carenza di scienziati main stream, che siano al tempo stesso personaggi popolari e persone di scienza, la cui ingombrante presenza sia rispettata e inevitabilmente ascoltata non solo da un pubblico che già di suo ha un approccio scientifico.
Fra vent’anni non vorremmo ritrovarci a dire “Eh, non ci sono più i Piero Angela di una volta”.
Illustrazione: Silvia Venturi
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