Cosa stia accadendo è fin troppo evidente. Con la firma posta dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, al decreto Sblocca Italia, approvato in Consiglio dei ministri qualche settimana fa, si rinforza quel virus malefico che è stato instillato nel corpo del Paese da decenni. Il decreto, ha sottolineato il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, è stato concepito «per far ripartire l’edilizia, ridando fiato al settore e sbloccando le innumerevoli opere ferme per intoppi burocratici». In realtà si ridarà fiato alla cementificazione del paesaggio italiano, già tanto sfigurato, proprio mentre altri esponenti del governo si pavoneggiano in Tv e sulla stampa annunciando di voler puntare sul turismo culturale. Un governo bicefalo, che con una mano dissipa la materia prima del turismo stesso e a voce sostiene la bellezza del Paese, oppure un governo di furbetti?
Già il nome odora di beffa. In principio fu la manovra «Salva Italia» di Mario Monti (a onor del vero prima ancora vi fu Forza Italia, ma quella è un’altra storia ancora). Tecnici, supertecnici, saggi e professoroni tirarono fuori dal cilindro quel nome da ultima spiaggia per dare un senso alla raffica di tagli e tasse che, come confermano i tristi dati sull’occupazione e la produzione, non ha salvato proprio un bel niente. Da allora la caccia allo slogan appiccicato al nome Italia non si è più fermata.
Siamo passati dal piano «Destinazione Italia» di Enrico Letta per approdare allo «Sblocca Italia» di Matteo Renzi. Il più pericoloso, quest’ultimo. Perché subdolo, ingannevole.
Ci sarebbero molte cose da sbloccare in Italia: l’indifferenza verso la natura e il paesaggio, il patrimonio culturale dimenticato negli scantinati dei musei, il senso civico e l’amore per la nostra storia.
C’è traccia di tutto questo nel decreto Sblocca Italia?
No. Lo Sblocca Italia sprigiona antichi miasmi di cemento e asfalto, tronchi autostradali superflui (emblematico il caso recente della Brebemi, la direttissima Brescia-Milano inaugurata a luglio: venti anni per ultimare 62 km, costi triplicati e ora si scopre che non la percorre nessuno), opere da abbandonare presto e incentivi ai palazzinari. Con il nuovo decreto ritorna in auge anche il silenzio assenso, fonte di ogni possibile malcostume, molto apprezzato dai furfanti di ogni genere.
Insomma, è la solita ricetta, somministrata alla nostra povera terra dai governi della prima e della seconda repubblica: opere pubbliche. Ma non quelle che migliorerebbero l’ambiente, come il recupero delle aree degradate, il rifacimento degli acquedotti colabrodo e, soprattutto, un piano idrogeologico serio, che darebbe tanto lavoro a imprese, tecnici e operai per decenni e scongiurerebbe il collasso di un Paese fragile, pronto a crollare alla prima «bomba d’acqua» (ormai si dice così e ci si rassegna al peggio).
Se c’è qualcosa, invece, che in Italia non ha bisogno di essere sbloccato è il consumo di suolo. Sì, direte voi, ma c’è la crisi e il settore edilizio ha bisogno di essere sostenuto. Ne siamo certi? Il rapporto Ispra 2014 conferma che in Italia il territorio continua a perdere naturalità. «Nonostante la crisi, è ancora record – sottolinea l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. – A dimostrarlo, anche la velocità con cui si perde terreno che, contrariamente alle aspettative, non rallenta e continua a procedere al ritmo di 8 metri quadrati al secondo». Una coalizione di interessi (operazioni speculative) e demagogie bugiarde ma seducenti (lo sviluppo, il lavoro, l’avvenire contrapposto al passato) sostengono questa infinita galoppata .
Chi ci abita è sempre più senza lavoro, ma l’Italia si muove, eccome. Purtroppo sempre e costantemente nella direzione sbagliata.
Ma non basta. Gli appetiti degli speculatori, si sa, sono pantagruelici. E allora via con lo Sblocca Italia. Esulta il ministro Lupi. Parla di risorse vere, messe a disposizione per l’alta velocità Brescia-Padova, ossia nelle due regioni, Lombardia e Veneto, già più devastate che con oltre il 10% mantengono il «primato nazionale» della copertura artificiale, la ferrovia Napoli-Bari, l’autostrada tirrenica. Ma ci sarà posto anche per molto altro, visto che intendono sbloccare lavori per 43 miliardi. Sì avete letto bene, 43 miliardi. E pensare che secondo il Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi occorrerebbero circa 7 miliardi di euro per gli interventi di salvaguardia più urgenti, 40 per la totale messa in sicurezza del territorio italiano.
Invece si continuerà a erodere il suolo, almeno finché ce ne sarà. E allora suonano buffe le parole usate dal ministro all’Ambiente Gianluca Galletti (Udc, partito tradizionalmente sponsor dei condoni edilizi e tra i principali fautori della deregulation urbanistica nelle città e regioni dove è al governo) proprio nella prefazione del Rapporto Ispra: “Difendere il suolo dalle aggressioni indiscriminate significa difendere una risorsa anche economica che è strategica per l’Italia: l’ambiente, il paesaggio, le bellezze naturali. Difendere il suolo significa anche proteggere il paese dalla minaccia del dissesto idrogeologico che spesso ha conseguenze gravissime, anche in termini di perdita di vite umane, a causa dell’uso dissennato del territorio”.
Neppure il pudore di tacere ci riservano. Neppure quello.
© RIPRODUZIONE RISERVATA La riproduzione è consentita esclusivamente con la seguente citazione: rivistanatura.com