Dei lemming si sente parlare perlopiù per l’attitudine che hanno di cercare volontariamente la morte per evitare il sovraffollamento e salvaguardare la specie. Tesi contraddittoria e mai appurata dal punto di vista scientifico. Ma oggi incuriosisce un altro aspetto della biologia di questo particolare animale, da poco evidenziato da ricercatori dell’Università di Goteborg, in Svezia.
Gli esperti hanno messo in luce che i lemming possono difendersi da predatori molto più grandi di loro, grazie alla pelliccia “multicolor” e alla capacità di emettere grida e fischi acuti, potenzialmente in grado di spaventare specie di grossa taglia. Così si spiega il motivo per cui i lemming non hanno nessun timore ad attaccare animali teoricamente più aggressivi e potenti di loro, fra cui esemplari di cani, gatti o uccelli.
Nel primo caso si avvalorerebbero di uno stratagemma evolutivo chiamato ‘aposematismo’. E’ tipico di specie che puntano a confondere l’avversario con colorazioni brillanti della pelle o della pelliccia. Non è una prerogativa dei lemming, perché il fenomeno è stato riscontrato anche nelle molfette americane e soprattutto in una miriade di animali meno evoluti, come i gasteropodi, gli aracnidi, gli insetti, e numerosi rettili e anfibi.
L’azione indurrebbe il predatore a soffermarsi sui denti aguzzi dei lemming, che fungerebbero, in pratica, da deterrente. Nel secondo caso gli scienziati hanno valutato la capacità di questi mammiferi artici di emettere suoni che infastidiscono pesantemente i grandi carnivori, obbligandoli alla fuga.
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