Nel continuo processo dell’evoluzione delle specie, la geografia conta davvero tanto, talmente tanto che una apposita disciplina scientifica – la biogeografia – è stata creata più di cento anni fa per studiare come i fattori ambientali influenzano la distribuzione degli organismi viventi sulla terra-
Se i lemuri sono tutti in Madagascar, l’orso marsicano è solo in Italia, il leopardo delle nevi solo in una certa zona dell’ Asia, è perché a un certo punto della storia sono intervenute barriere di qualche genere che hanno isolato diverse popolazioni e permesso all’evoluzione di fare il suo corso. Grazie a queste dinamiche ci è stato possibile classificare le diverse zone della terra in base agli animali che ci vivono, in quelle che chiamiamo regioni zoogeografiche.
In uno studio pubblicato su Nature, coordinato dall’italiano Gentile Francesco Ficetola, sono stati analizzati tre degli elementi che influenzano maggiormente le regioni zoogeografiche: l’orogenesi (la nascita di catene montuose), i movimenti tettonici dei continenti e le condizioni climatiche.
Nel tentativo di spiegare come questi fattori influenzano l’attuale distribuzione delle specie, gli scienziati hanno analizzato dati e modelli relativi agli ultimi 60 milioni di anni.
I cambiamenti climatici, tettonici e orografici, hanno agito in modi differenti e molto di frequente in maniera combinata sulla composizione delle sei regioni zoogeografiche del mondo (a questo link tutti i risultati dello studio).
Nonostante la zoogeografia sia una scienza risalente alla fine dell’800, è la prima volta che si analizza il peso di ciascun fattore nella diversificazione delle faune, questo potrebbe essere molto utile per la creazione di modelli in grado di prevedere le future risposte della fauna ai veloci cambiamenti climatici e alle numerose nuove barriere che stiamo imponendo alla natura.
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