La popolarità della bioplastica, ovvero la plastica ricavata da materie prime rinnovabili e biodegradabili, ha conosciuto un forte aumento nel corso degli ultimi anni. Merito anche della convinzione che fosse una scelta più eco rispetto ai polimeri tradizionali.
Ma pare non essere così. A mettere in dubbio la reale impronta ecologica della bioplastica è Jacqueline McGlade, a capo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.
La scienziata anglo-canadese, in un’intervista rilasciata al quotidiano britannico Guardian, ha messo in guardia sul reale impatto che bottiglie e sacchetti in bioplastica hanno sull’ambiente marino.
“Molta plastica oggi viene etichettata come biodegradabile – ha spiegato la McGlade -. Tuttavia, in pochi sanno che questi sacchetti, per potersi effettivamente decomporre, devono essere esposti a una temperatura di 50 gradi Celsius. Le acque dell’oceano non raggiungono queste temperature, tanto più che la plastica biodegradabile non è galleggiante, ma va a fondo. Ciò significa che non sarà nemmeno esposta ai raggi solari diretti, che potrebbero favorirne lo scioglimento”.
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