Il nuovo software sviluppato dalla FAO, chiamato in inglese iSharkFin, è uno strumento dedicato agli addetti alla dogana e agli ispettori dei mercati ittici per combattere il commercio illegale di pinne di squalo, ma anche ai pescatori che vogliono evitare la cattura di specie protette. I lavori su questo progetto sono iniziati nel 2013, dopo che cinque specie di squali sono stati aggiunti alla Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche a rischio d’estinzione (CITES).
Come funziona iSharkFin
Il sistema si basa su tecniche d’intelligenza artificiale e fornisce un utile strumento agli ispettori che non hanno una formazione specifica nel riconoscimento e nella classificazione delle specie.
Scattata una fotografia dell’esemplare, un algoritmo confronta le informazioni con la sua banca dati e identifica la specie di squalo. Tutto il processo richiede solo pochi minuti. La FAO sta sviluppando anche la versione per tablets e smartphone. iSharkFin è già in grado di identificare 35 specie di squali dalle pinne dorsali.
Il software è stato sviluppato dalla FAO in collaborazione con l’Università di Vigo, in Spagna. CITES e il governo del Giappone hanno fornito un sostegno finanziario.
Una contromisura allo “spinnamento”
L’introduzione di iSharkFin potrebbe consentire alle autorità di valutare il la reale entità della pesca allo squalo a livello mondiale. Le stime, infatti, variano enormemente. Secondo uno studio recente la cifra potrebbe essere superiore ai 73 milioni di unità, ovvero più del 6 % dello stock totale annuo. Una quantità che supera il tasso ritenuto sostenibile per gli squali, caratterizzati da una crescita lenta, che raggiungono tardi la maturità e che hanno una riproduzione limitata. Questi dati sono quattro volte superiori rispetto a quanto registrato dalla FAO, basandosi su statistiche ufficiali di produzione.
La causa di tale ampio divario è attribuita allo “spinnamento” (finning), una pratica crudele che consiste nel pescare gli squali, tagliare loro le pinne destinate al commercio e rigettare l’animale morente in acqua.
di Luca Serafini
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