Tempo fa vi avevamo parlato dell’imponente progetto che prevede la costruzione di 40 dighe nella valle del fiume Tapajos, nel cuore dell’Amazzonia.
La decisione definitiva del Governo brasiliano è attesa a giorni: se il parere espresso dovesse essere favorevole, la terra nativa degli indigeni Munduruku vedrebbe sorgere alcune tra le più imponenti dighe dell’intero continente Americano.
La costruzione avrebbe un impatto ambientale devastante, sia sull’ecosistema unico della foresta che sulla vita dei 14.500 indigeni che vi abitano.
«Stop al profitto di pochi»
A fianco della popolazione dei Munduruku è scesa in campo anche Greenpeace, che ha chiesto al Governo di Brasilia di fermare il maxi progetto.
«Bisogna mettere fine a questi progetti folli che giovano solo alle grandi compagnie che sfruttano queste aree – ha dichiarato l’organizzazione ambientalista in una nota –. Queste costruzioni non porteranno alcun beneficio alla popolazione locale dei Munduruku, che da generazioni vivono in armonia con tutte le straordinarie specie che abitano la foresta amazzonica. Chiediamo, inoltre, che il Governo riconosca l’area del fiume Tapajos come terra ancestrale dei Munduruku e che, dunque, venga messa al riparo da qualsiasi forma di sfruttamento».
Una petizione per dire no
Per chiedere che il progetto venga fermato, Greenpeace ha lanciato una petizione. Le firme raccolte verranno poi consegnate al Governo brasiliano. Il 5 agosto scorso, a seguito delle pressioni di Greenpeace, il Governo brasiliano ha rinunciato alla costruzione di un’altra diga, a São Luiz do Tapajós.
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