Di fronte agli animali selvatici non sempre la cosiddetta Saggezza Popolare “ci ha preso”, dimostrando in alcuni casi scarsa comprensione di fenomeni evidenti, ma comunque notandoli e nominandoli in maniera colorita.
È il caso di animali di taglia ridotta o colorazione diversa che, pur appartenendo alla stessa specie, venivano considerate come specie differenti. L’esempio più noto in tal senso è quello dell’Orso bruno, i cui esemplari di taglia ridotta in Trentino venivano chiamati “Ors formigarol”, facendo riferimento ad una supposta dieta molto ricca di formiche. Anche in Abruzzo si distinguevano “orsi cavallini” (con dieta vegetariana e più piccoli) ed “orsi porcini” (con maggiore dieta carnea e più grandi).
Da notare che il riferimento al maiale (porcino) era utilizzato anche per due altre specie dei nostri boschi: la Volpe e il Tasso. Nella zona del monte Amiata, ad esempio, si distinguevano il “Tasso canino” e il “Tasso porcino”; quest’ultimo, pare, dalle carni più gustose. Anche in Lombardia e in Calabria si parlava un tempo di due forme di Tasso: il Tasso cane, descritto come macilento e piccolo, e il Tasso maiale prospero e cicciottello.
Ovviamente la specie è la stessa e le differenze morfologiche e di dimensioni sono quelle legate alla normale variabilità intrapopolazione, al sesso, all’età ed alla stagione di osservazione. Per fortuna gli esseri viventi non sono fatti con lo stampino e la Natura in genere ancora rifugge dalla logica dei cloni.
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