È ora di fare sentire ai nostri politici e pubblici amministratori forte la voce di chi vuole che la natura italiana rimanga protetta da un’efficace rete di parchi nazionali, il cui obiettivo principale, ricordiamolo, deve rimanere la tutela della nostra bellissima biodiversità nazionale, la sua naturalità e selvaggiosità (wilderness) e, solo in seconda battuta, il loro utilizzo per scopi turistici, ludico-ricreativi ed economici.
Purtroppo le cose, come spesso accade nel nostro bellissimo e disgraziato Paese, stanno prendendo un’altra piega, nell’assordante indifferenza dei principali mass-media, più impegnati a propinarci le beghe tra Olanda e Turchia o le “perle” del neopresidente USA Donald Trump, piuttosto che le cose importanti di casa nostra.
Si sta arrivando, infatti, alle ultime fasi di revisione della legge nazionale n. 394 del gennaio 1991, ovvero quella che ha sin qui regolamentato le aree protette italiane e in particolare i nostri 25 parchi nazionali, che con i loro quasi 1,5 milioni di ettari coprono circa il 10% del nostro territorio. Sono anni che i nostri politici stanno tentando in tutti i modi di svuotarne i contenuti, trasformando le nostre aree protette in una sorta di comprensori di marketing territoriale e di promozione turistica, più incentrati sui mille interessi locali e sui vari prodotti enogastronomici (peraltro buonissimi) che non sulla tutela di flora, fauna e paesaggio. Ora, con l’ultima versione di modifica della legge recentemente approvata dalla Commissione ambiente della Camera su di un Disegno di legge del Senato (precisamente il ddl n. 119), ci stanno per riuscire.
Cosa cambierà
Sta, infatti, passando una nuova versione della legge da far rabbrividire ogni vero amante della natura italiana. Tra le principali modifiche apportate al precedente testo ne segnaliamo solo le cinque più eclatanti:
- Presidente : resta una nomina “politica” (e fin qui nulla da dire) ma senza richiedere nessun tipo di competenza specifica in materia ambientale (carica dunque ideale per politici fuori dai “giri” importanti che si devono “riciclare” e rilanciare la carriera).
- Direttore: prima era nominato dal Ministro dell’Ambiente. Oggi sarebbe nominato direttamente dal Presidente. Il Direttore (sempre secondo la proposta) non occorre che abbia nessun tipo di competenza in materia di conservazione della Natura. Potrebbe essere (e sarà) un qualsiasi burocrate che non sa distinguere una Cicogna da un Camoscio.
- Consiglio Direttivo: manca la componente scientifica e vien inserito un rappresentante degli agricoltori o dei pescatori. Il 50% de consiglieri (come prima) è composto da amministratori locali e su questo nulla da dire. Si tratta però di Parchi Nazionali, il biglietto da visita del nostro Paese a livello mondiale e vi si inserisce una rappresentanza d parte, all’insegna del localismo più deteriore a scapito della componente scientifica, quella che meglio potrebbe controllare la serietà dell’operato dell’organismo gestore.
- Non sono modificati gli organici esistenti. I Parchi Nazionali, quanto a numero di addetti, hanno situazioni ormai al limite dell’ingovernabilità, con una media di uno ogni 2.500 ettari ed estremi fra i 444 e i 6808 ettari per dipendente.
- Non si assicura una sorveglianza alle dipendenze del Parco, ovvero i famosi “guardaparco”. Solo tre parchi storici la possiedono e la manterranno: gli altri non ne avranno proprio nessuna e con il Corpo Forestale dello Stato (che NON era alle loro dipendenze ma al quale si poteva chiedere aiuto) ormai transitato nei Carabinieri – che come noto hanno ben altre priorità – non si capisce chi controllerà questi territori e farà rispettare le leggi in materia ambientale (anche considerando la fine che hanno fatto le province e i loro servizi di vigilanza, come guardiacaccia e guardiapesca).
Insomma, è la vecchia tecnica del carciofo: una foglia per volta, alla fine, non ti rimane più niente. Inoltre, appare sempre più evidente che, come con la cultura, anche la protezione della natura non è per nulla nelle priorità dei nostri governanti (di oggi ma anche di ieri e dell’altro ieri), che, anzi, esiste un disegno per smontare qualsiasi ostacolo che possa impedire di sfruttare al massimo e in piena libertà ogni risorsa del Paese, alla faccia del bene comune e delle direttive comunitarie e internazionali.
Tutto questo, tra l’altro, ignorando una recente e importante iniziativa portata avanti dal WWF Italia che, con lavoro encomiabile, nell’ottobre 2016 aveva trovato, dopo un’intelligente opera di mediazione, un accordo con TUTTE le associazioni ambientaliste (fatto più unico che raro). Un lavoro di coordinamento che aveva portato a un documento unitario che è stato, però, totalmente ignorato dal Senato (o meglio da una sua maggioranza, in quella sede) il quale ha approvato il ddl prima citato, ora all’attenzione della Camera, sia pure con alcune modifiche di scarso peso.
Cosa possiamo fare
A questo punto è urgentissima una vera mobilitazione generale: sollecitate chi conoscete, scrivete al presidente della Camera, al Presidente della Repubblica e del Consiglio, ai giornali, a radio e televisioni. Se avete contatti nei partiti politici e tra i deputati chiedete loro conto. Se vi servono informazioni più dettagliate, interpellate le associazioni ambientaliste, ve le daranno volentieri.
Fatevi sentire, arrabbiatevi! Fate sapere che, per le Aree Protette, questa potrebbe essere davvero l’ultima chiamata, la fine della loro missione. Che è prima di tutto quella di conservare la Natura e non quella di far divertire i turisti o accontentare in tutto o per tutto i residenti, qualsiasi cosa essi chiedano e con il solo scopo di raccogliere i loro voti alle prossime elezioni.
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