Le vittime sono già salite a 370: questo il bilancio del forte terremoto avvenuto negli scorsi giorni in Ecuador, a poco più di cento chilometri dalla capitale Quito.
Magnitudo 7,8, dicono gli esperti, ad “appena” diciannove chilometri di profondità: significa un evento sismico di grande intensità, in grado di creare grossi danni e molte vittime, dato che pochissimi edifici possono sopportare una scossa del genere.
Il sisma è stato percepito anche in Colombia. Poche ore prima un’altra potente scossa: in Giappone. In una località che si pensava quasi “immune” dai terremoti. L’isola del Kyushu, infatti, non registra forti terremoti da centoventi anni. Abbastanza per attirare nuovi imprenditori e investitori.
Ma sabato la scossa di magnitudo 7,3 non ha risparmiato nessuno, causando decine di morti e migliaia di feriti; e 250mila potenziali sfollati.
Il 18 aprile è successo qualcosa anche in Italia: in Calabria è stata infatti registrata una scossa di magnitudo 2. Niente di grave, in questo caso; ma quando molti eventi sismici si avvicendano come in queste ore, viene spontaneo chiedersi: cosa sta succedendo?
In realtà nulla di particolarmente anomalo. Ogni giorno, infatti, ogni ora, in qualche parte del mondo avviene un terremoto.
Si parla di 15mila terremoti che si verificano ogni anno nell’intero pianeta. Sessanta, in media, quelli potenti, venti quelli catastrofici, così giudicati se superano magnitudo 7.
Il punto è che molti di essi coinvolgono aree disabitate e dunque non fanno notizia.
Nel 1960, per esempio, il più forte terremoto mai registrato nella storia dell’uomo (magnitudo 9,5), in Cile, provocò “solo” 3mila decessi, proprio perché dalle parti di Canete vivono in pochi.
Mentre in queste ore due eventi sismici violenti sono avvenuti in aree densamente popolate, creando ansie e timori nelle popolazioni che da sempre abitano regioni a rischio.
Ma perché hanno luogo i terremoti?
Nel caso dell’Ecuador, il fenomeno è dovuto all’incontro fra due placche, quella di Nazca e quella del Sud America.
Le placche possono essere considerate delle “zattere” su cui scorrono i continenti. Sono assai dinamiche, e nei punti di congiunzione sono molto frequenti accumuli di energia che periodicamente vengono rilasciati sotto forma di eventi sismici, provocando talvolta gravi disastri.
Anche in Giappone la situazione è molto delicata, per la vicinanza fra la placca euroasiatica e quella pacifica. Il Giappone è ritenuto, non a caso, uno dei Paesi a più alto rischio terremoti.
Come l’Italia. Da noi il problema si riferisce a una grande placca, quella africana, in subduzione sotto una piccola placca, quella adriatica. I processi di subduzione sono strettamente legati agli eventi tellurici e a quelli vulcanici.
L’esempio più eclatante riguarda la famosa “cintura di fuoco”: si riferisce a una zona geografica che circonda il Pacifico, lunga 40mila chilometri, dove si verifica il 90% dei terremoti che ogni anno colpiscono la Terra.
Purtroppo non esistono ancora sistemi capaci di fare prevedere un evento sismico. Si possono sospettare degli accumuli di energia in alcune parti del globo, ma è impossibile intuire quando e dove si verificherà la prossima scossa tellurica di una certa magnitudo.
L’esempio più evidente riguarda un’altra famosissima zona sismica: la faglia di Sant’Andrea in California. Da tempo i geologi prevedono il cosiddetto Big One, un terremoto di eccezionale portata che (secondo i più fantasiosi) potrà staccare la California dal resto del continente americano. La faglia, in effetti, indica un punto molto sensibile della crosta.
Ma per ora – a parte il cinema – nessuno ha ancora una data. Si pensa però che se si verificasse un terremoto come quello che ha appena colpito l’Ecuador potrebbe causare 1.800 morti e 50mila feriti.
Le analisi al computer calcolano che in California non potrà, comunque, verificarsi un terremoto superiore a 8,3 di magnitudo; perché la faglia non è abbastanza lunga e abbastanza profonda. E’ una riflessione, non una certezza, l’unica cosa di cui, per ora, possiamo fidarci.
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