In Siberia, vicino alla regione di NovJ Urengoj, si sta sviluppando un business in costante crescita: quello dell‘avorio estratto dalle zanne di mammut.
Lo scioglimento dei ghiacci, causato dall’innalzamento delle temperature, sta facendo riaffiorare i resti di centinaia di mammut che per migliaia di anni sono rimasti sepolti nella neve.
I cercatori di avorio hanno qui trovato una vera e propria miniera d’oro: secondo le stime, il commercio di questo tipo d’avorio, esportato sopratutto verso gli Stati Uniti, è in costante crescita, appoggiato anche da alcune associazioni animaliste.
L’avorio estratto dalle carcasse di mammut sarebbe, infatti, un prodotto più sostenibile che consentirebbe di salvare la vita a molti elefanti.
E si tratta di un’azione legale, dal momento che la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Cites) vieta sì l’esportazione di avorio ricavato da zanne di elefanti, denti di capodogli e trichechi ma consente, tuttavia, il commercio di pezzi classificati come antiquariato.
Secco no dei paleontologi
Le carcasse di mammut ancora nascoste dal ghiaccio potrebbero essere 150 milioni. I cercatori d’avorio riferiscono che il materiale restituito dal ghiaccio è di ottima qualità e che il recupero consente di preservare un materiale prezioso che andrebbe altrimenti perso.
A questa pratica, però, si oppongono fermamente i paleontologi: le carcasse di mammut sono reperti da conservare in musei e non materiale da trafugare.
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