La flotta delle baleniere giapponesi è tornata nei porti di partenza dopo la battuta di caccia alla balena svolta nel mare dell’Antartide, la prima effettuata negli ultimi due anni da quando la Corte internazionale dell’Aja si è espressa in modo negativo sulla presunta finalità “scientifica” della caccia.
Nel 2014, la Corte Internazionale di Giustizia ha, infatti, decretato che l’attività di caccia non ha l’intento scientifico preteso dal Giappone e, per questo, è vietata.
La pesca a fini scientifici, invece, rimane esente dal bando del 1986 sulla caccia commerciale delle balene. Il limite di pescato concesso per tale attività “scientifica” è pari a un terzo del numero di esemplari che il Giappone cacciava abitualmente. Ma anche la finalità scientifica è una “copertura” per la pesca commerciale, perché tutto il surplus viene messo in vendita.
Il bilancio è impressionante: 333 esemplari (103 maschi e 230 femmine, di cui il 90% in gravidanza) di balenottera minore (Balaenoptera acutorostrata) sono stati uccisi dalle imbarcazioni, impegnate in 4 mesi di attività al limite massimo delle loro capacità.
Nonostante la moratoria sulla caccia commerciale, la Commissione Baleniera Internazionale (IWC) – l’ organismo istituito per tutelare i cetacei – non è ancora stata in grado di fermare le nazioni baleniere, perché Norvegia, Islanda e Giappone continuano a cacciare. Ma, più delle norme internazionali, a favore delle balene hanno avuto effetto i cambiamenti nelle abitudini dei consumatori: la richiesta di carne di balena, infatti, negli ultimi anni ha subito un calo significativo.
in giappone